RSS
 

Numero 05 – Pudore

Num°05 SHAME
numero6

MODUS IN REBUS:

EROS, POLITICA E PUDORE

EDITORIALE

Non è moralismo osservare che un’accentuata mancanza di pudore nella sfera privata tende a significare – per un uomo politico – un’assenza di senso del limite, dunque in solido della realtà, che fa volentieri il paio con un atteggiamento tracotante e tirannico. Così, perlomeno, la pensava Platone, che nel libro IX della Repubblica – in un impressionante affresco su politica e morale – mette in guardia contro la rottura di ogni argine da parte del desiderio, che prepara la tirannia. C’è un nesso tra tirannia e sessualità, che Platone esprime con la formula sintetica di «eros tiranno».

Eppure, si potrebbe pensare, il pudore è solo un modo. Ciò che importa, è che un uomo politico governi bene. Ma una tale scissione tra il modo e la cosa non è convincente.

Il nesso, non certo scontato, fra la discesa vertiginosa delle quotazioni del senso del pudore e la perdita di affidabilità sulla scena internazionale ha trovato nel nostro Paese un’espressione simbolica nel clima da basso Impero degli ultimi tempi, ch’è andato di pari passo con l’aumento dello spread. All’improvviso è stato evidente ciò che poco prima non lo era affatto, che non si poteva ricuperare la cosa – cioè l’affidabilità – senza rivedere appunto anche il modo. L’idea che il modo, lo stile, potesse non corrispondere alla cosa, si è dunque, almeno temporaneamente, rivelata illusoria.

La terza Repubblica sembra nascere sotto l’insegna di un ritorno del pudore (ciò che la espone al rischio di un ritorno dell’ipocrisia, dal momento che il pudore può essere ipocrita). In realtà, è plausibile pensare che una minoranza preferirebbe conservare un modo impudico, a patto che questo accompagnasse per contrappasso una realtà di benessere e floridezza economica.

Non è dunque il modo a essere stato sconfitto, è la crisi ad aver reso il modo improponibile. La fine di un’illusione non è però necessariamente il segno di un ritrovato amore per la realtà. Anzi, se la realtà ritrovata non ha modi, che non siano quelli della durezza e della disperazione, è concreto il rischio che la correzione della realtà, o la messa in sicurezza dei conti, divenga appunto la strada per ricuperare al più presto il modo perduto, o qualcosa di analogo ad esso.

Il modo della prima Repubblica era l’ipocrisia – quel modo tutto curiale di dire una cosa e di farne un’altra. La spudoratezza, inaugurata già sul finire di quella stagione, e poi ripresa sistematicamente nella seconda Repubblica, poteva sembrare una liberazione dall’ipocrisia, in realtà ne è stato solo il rovescio. Ipocrisia e spudoratezza viaggiano insieme, e maggiore ostentazione non significa affatto maggiore sincerità. Anzi, il populismo si potrebbe appunto definire come la falsa promessa che “parlar chiaro” e in generale esibirsi voglia dire anche essere diretti e sinceri, mentre non è affatto così (si tratta solo di una forma di isteria politica, nel senso tecnico della parola). Lo spudorato non è più vicino dell’ipocrita alla verità: questo cancella le tracce, quello non si cura di farlo, perché nega l’evidenza. Lo spudorato ha bisogno dell’evidenza, ma per negarla.

Ipocrisia e spudoratezza sono stati due modi opposti ma convergenti di negare il pudore. Il pudore protegge, vela, ma non occulta. Anzi, proprio e solo velando dice la verità, che si sottrae sia alla cagnara delle esibizioni sguaiate, sia alla menzogna dei depistaggi e dei segreti di Stato.

La seconda Repubblica è stata sguaiata e impudica. C’è una violazione essenziale del senso del pudore anche nella rivendicazione della trivialità, come supposto tratto costitutivo della realtà. L’ingiunzione a godere e l’estetica brutale e ottusa dell’operosità fine a se stessa e chiusa su se stessa hanno veicolato su per giù lo stesso messaggio. È impudica la bruta realtà, ed è impudica la rimozione della realtà.

Ipocrisia, esibizionismo e trivialità hanno problemi con il pudore, perché hanno problemi con la realtà, di cui il pudore potrebbe costituire invece la chiave di accesso. Se l’Italia non va tanto bene, sarà forse perché questi tre modi – unitamente a quello della violenza politica – hanno prevalso per 40 anni, il che val quanto dire: sono alcuni decenni che la realtà non si esprime, non è liberata.

Il modo pudico, di cui andiamo in cerca, dovrebbe allora corrispondere a una diversa realtà. Il pudore è diversamente reale, è – esso solo – quel tutt’altrimenti, che lascia essere la realtà per quello che è. Se gentilezza e rispetto non esprimono la natura delle cose, non sarà un modo avulso dalle cose che ci salverà. Dire “pudore”, è dunque scommettere sulla natura ontologica della realtà.

Il pudore non è un velo che si applichi alle cose, una coltre gettata pietosamente a coprire le cose. È – invece – un modo delle cose e nelle cose: modus in rebus. È questa la sua differenza con i modi politici (e non solo politici) che tradiscono le cose nella forma dell’ipocrisia, della seduzione, del crudo “realismo” ignaro della realtà: in ultima istanza, nella forma della violenza.

Enrico Guglielminetti

Numero 05 – Pudore

scarica pdf
 

Tags: , , ,

Lascia un commento

You must be logged in to post a comment.

 
porno porno izle porno porno film izle