
In alcuni frammenti giovanili Hegel discute del tema del pudore in relazione a quello dell’amore. Il pudore si trova ad essere contemporaneamente espressione della presenza dell’amore, ma anche della sua assenza, pensata come reale o come possibile. In tal senso il pudore manifesta la presenza dell’amore, ma al contempo ne determina anche la fine. Rispetto all’universalità del legame d’amore, il pudore ne misura l’inadeguatezza, ma ciò avviene in due modi opposti, perché se è vero che lo sdegno per l’individualità irrisolta di cui è espressione il pudore presentifica per la coscienza amante il suo limite nei confronti dell’universalità dell’amore, questa manifestazione del separato non sempre appiattisce la coscienza sulla riflessione del suo limite insuperabile. Quando infatti la manifestazione del separato interpella la soggettività, spingendola a superare il suo limite, il pudore acquisisce contemporaneamente la sua capacità rivelativa ma anche evocativa di un di più ancora da venire, un’apertura al futuro, insomma, che non determina la trasformazione dell’amore in paura che lo mette in crisi. Il nostro scopo è quello di delineare il tema del pudore, per quelle innumerevoli sfaccettature della soggettività che esso comporta, per poi tentare di determinare in che modo si caratterizza la soggettività che ama, ovvero quella che prova pudore.
Ci risulta particolarmente interessante delineare come si caratterizza il soggetto dell’amore, ovvero quello del pudore, per vedere poi in che misura il soggetto che prova pudore si differenzia dal soggetto che ama, e determinare, insomma, lo scarto che intercorre fra amore e pudore. Sebbene, infatti, come abbiamo detto, il pudore sia segno della presenza dell’amore, ad un certo punto esso può concretizzarsi come forza implosiva che lo mette in crisi, involvendo il soggetto in se stesso, nella contemplazione di sé.
Per misurare con più esattezza il passaggio da un soggetto che ama, e che per questo prova pudore, a un soggetto che, nel suo provare pudore, testimonia di non amare più, abbiamo deciso di tenere presente un altro concetto, quale quello di timore, che ricopre un ruolo essenziale nel determinare i confini fra pudore e amore, generando quella sottile linea di discontinuità che intercorre fra una soggettività amante ed una, invece, abbandonata dall’amore e annichilita dalla sua paura. Abbiamo scelto dunque, nell’analizzare la portata del concetto di pudore in Hegel, di focalizzare l’attenzione su una sorta di passaggio interno che in questo termine avviene, e che lo spinge ad incarnare due ruoli vicini, eppure opposti: il pudore, dapprima espressione d’amore, poi manifestazione della sua fine, o della sua possibile fine.
Fin quando infatti il pudore è solo un segno di quella avveniente unificazione del sensibile che la soggettività amante può ancora compiere in nome dell’amore, esso è solo un invito dell’amore, una paura della soggettività di fronte all’incompletezza del legame, timore che si traduce contemporaneamente in una richiesta rivolta alla soggettività per superare la parzialità dell’individualità irrisolta. Ciò che invece porta nel pudore quei germi che involvono la soggettività in se stessa riconducendola alla fine dell’amore non è la manifestazione di qualcosa di ancora irrisolto, quanto piuttosto la rappresentazione di una possibilità di separazione, che nel suo caratterizzarsi come pensiero riflettente sovrapponentesi all’amore, ne pregiudica la vita, preparandone inesorabilmente la fine. Il pensiero di una possibilità della separazione, unico elemento morto in una soggettività che per il resto è assolutamente pervasa dalla forza vivificante dell’amore, rappresenta il ricordo e il ritorno della separatezza come insuperabile, ricollegandosi a quella “cattiva coscienza” di cui parla il giovane Hegel che trasforma l’individualità relata in individualità colpevole.
In altri termini la riflessione sulla separatezza come possibilità di scissione, primo elemento morto in una relazione viva fra due soggettività che non possono essere separate se non per il fatto che esse possono morire, riporta in luce lo spettro della separatezza come irriducibilità irrisolta, che si configura come la vittoria anonima del passato sulla forza viva e orientata al futuro della soggettività amante. A partire da questo ricordo del corpo come materia insuperabile, ostacolo che resiste alla forza unificante della soggettività che ama, si aprirebbero poi tutti quegli elementi della vita delle individualità che non riguardano l’amore, e che all’amore risultano irriducibili. Fin quando il pudore mantiene la sua forza evocativa, pensato come capacità di risvegliare nell’uomo, attraverso la manifestazione dell’individualità irrisolta, il desiderio di superarla, esso tiene in vita il sentimento dell’amore, e anzi lo rafforza. Solo quando invece lo sdegno per il separato si ricollega ad una cattiva coscienza che sclerotizza la soggettività amante al pensiero della necessità di un ritorno al materiale, pensato come individualità incomunicabile e non partecipabile, il pudore arresta lo slancio vitale dell’amore, affogando la fiamma vitale del desiderio nell’oceano della paura di non poterlo soddisfare.
Amore e pudore nel giovane Hegel