
Consideriamo una delle pietre angolari della cultura occidentale, cioè Genesi: «Dio il Signore ordinò all’uomo: “Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai”». Uno degli elementi fondativi della cultura occidentale è una specie di divieto gnoseologico. Ma il divieto gnoseologico è infranto: «Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il Signore aveva fatti. Esso disse alla donna: “Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?”. La donna rispose al serpente: “Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete’”. Il serpente disse alla donna: “No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”. La donna osservò che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e si accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l’uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino». Adamo ed Eva non muoiono. Se l’avvertimento di messa a morte fosse letterale, e non figurato, allora Dio direbbe qualcosa di falso. Ma la domanda sarebbe la seguente: potrebbe esserci una ragione per la quale Dio direbbe qualcosa di falso?
Una risposta possibile è affermativa: la ragione c’è, e ha a che fare con l’idea secondo la quale è essenziale la conservazione di una divisione rigorosa tra lo statuto ontologico umano (gli esseri umani non hanno «la conoscenza del bene e del male») e lo statuto ontologico divino (Dio ha «la conoscenza del bene e del male»). Ma perché è essenziale la conservazione di una divisione rigorosa tra l’ontologia umana e l’ontologia divina? Una risposta possibile è la seguente: la divisione rigorosa tra le prerogative umane (ad esempio l’assenza «della conoscenza del bene e del male») e le prerogative divine (ad esempio la presenza «della conoscenza del bene e del male») serve a garantire gli esseri umani, e non Dio, cioè serve a garantire la specificità identitaria umana, e non la specificità identitaria divina. Proviamo ad analizzare che cosa succede agli esseri umani in Genesi. In apparenza, la “sintesi” tra la condizione umana e la condizione divina ha un destino felice, e in particolare un destino gnoseologico felice: quando Adamo ed Eva “sintetizzano” l’«albero della conoscenza del bene e del male» con sé, cioè quando mangiano il suo «frutto», ottengono «la conoscenza del bene e del male», cioè sviluppano la loro dimensione gnoseologica. Ma, in sostanza, la “sintesi” tra la condizione umana e la condizione divina ha un destino infelice, perché ottenere «la conoscenza del bene e del male» significa perdere qualcosa di essenziale. In particolare, succedono tre cose. La prima è che Adamo ed Eva «si accorsero che erano nudi», la seconda è che «unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture» e la terza è che «si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino». Proviamo a ragionare sui significati possibili delle tre cose che succedono: Adamo ed Eva sembrano capire di cominciare a cambiare il loro statuto identitario («si accorsero che erano nudi»), sembrano scegliere di ultimare il cambiamento del loro statuto identitario («unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture») e sembrano provare vergogna («si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino»), che è il sentimento che segue di frequente il passaggio radicale dallo statuto identitario di partenza (ad esempio essere un essere umano degno) allo statuto identitario di arrivo (ad esempio essere un essere umano indegno). Adamo ed Eva sembrano arrivare a cambiare con radicalità il loro statuto identitario. E cioè: il risultato della “sintesi” tra il loro statuto identitario di partenza, caratterizzato dalla prerogativa umana di non avere «la conoscenza del bene e del male», e il loro statuto identitario di arrivo, caratterizzato dalla prerogativa divina di avere «la conoscenza del bene e del male», non è una somma che aggiunge qualcosa di importante alla condizione umana, ma una sottrazione che toglie qualcosa di importante alla condizione umana – il risultato della “sintesi” è che Adamo ed Eva perdono la loro ontologia: Adamo ed Eva non sono più chi erano perché “sintetizzare” l’«albero della conoscenza del bene e del male» con sé significa lasciare che la sua ontologia assimili la loro ontologia, cioè che la sua specificità identitaria assimili la loro specificità identitaria, che, in ultimo, non c’è più.
Allora, e ancora: potrebbe esserci una ragione per la quale Dio direbbe qualcosa di falso («Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete»)? La ragione sembra esserci, e sembra essere garantire Adamo ed Eva dal pericolo di una morte che è quasi letterale, perché significa la perdita della loro ontologia. E la loro perdita ontologica significa anche una perdita gnoseologica, perché significa perdere, insieme, la cognizione della specificità identitaria degli esseri umani, cioè di che cosa Adamo ed Eva erano, e in particolare di che cosa Adamo ed Eva erano di specifico, di unico, cioè di non assimilabile all’ontologia di chi ha «la conoscenza del bene e del male».
Sic stantibus rebus la cosa che una delle pietre angolari della cultura occidentale sembra dirci è la seguente: “sintetizzare” due controparti ontologiche significa qualcosa di infelice, e non qualcosa di felice, perché significa assimilare la prima ontologia alla seconda ontologia, cioè significa perdere la prima ontologia (la sua specificità identitaria, e la cognizione della sua specificità identitaria), e significa anche lasciare che la seconda ontologia eserciti quasi una violenza sulla prima ontologia – la cosa che Genesi sembra dirci è che l’“antitesi” è più promettente della “sintesi” (se Adamo ed Eva avessero scelto la relazione di “antitesi”, e non di “sintesi”, tra sé e l’«albero della conoscenza del bene e del male», allora non avrebbero perso la loro specificità identitaria, e la sua cognizione), cioè che l’insaturazione (identitaria e gnoseologica) è più promettente della saturazione (identitaria e gnoseologica).
“Antitesi” versus “sintesi”: la virtuosità dell’insaturazione