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La saturazione è veramente banale?

Num°06 SATURATION
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1. La saturazione in quanto questione fenomenologica

La saturazione, in Marion, è questione fenomenologica perché concerne un genere di fenomeno che il filosofo francese ha individuato nella sua phénoménologie de la donation, il fenomeno saturo. I cinque capitoli di Étant donné si svolgono a partire dal principio che concludeva Réduction et donation, dove Marion aveva condotto un “corpo a corpo” con la “fenomenologia storica” fino all’elaborazione del principio “autant de réduction, autant de donation”, “tanta riduzione, altrettanta donazione”. A tal proposito in De surcroît, a rimarcare lo stretto legame tra questo testo, apparso nel 2001 e dedicato ai fenomeni saturi, e gli altri che lo hanno preceduto, Marion scrive: «Soltanto la riduzione d[on]a il fenomeno, poiché dissolve in esso le apparenze del dato. Come una distillazione giunge a una soluzione ridotta. […] L’intimo intrico tra riduzione e donazione definisce dunque il principio della fenomenologia».

Al dato (donné) Marion dedica due capitoli di Étant donné, il terzo (Determinazioni) e il quarto (Gradi). Scopo di questi capitoli è reperire un fenomeno la cui fenomenalità, in quanto possibilità di apparire, sia totalmente determinata dalla donazione, dal puro e semplice d[on]arsi. Tracciando una sorta di “storia della fenomenalità”, Marion osserva che, a quella kantiana dominata dai concetti, senza i quali le intuizioni restano cieche, si è fruttuosamente contrapposta la fenomenalità husserliana, inaugurata dal celebre “principio dei principi” centrato sull’intuizione originariamente donatrice. Ora, tale principio, pur riconoscendo l’intuizione come “sorgente legittima della conoscenza”, decreta anche che «tutto ciò che si offre originariamente nell’intuizione è da prendere semplicemente come si dà, ma anche solo nei limiti all’interno dei quali si dà». Limiti che, agli occhi di Marion, non fanno che rappresentare un orizzonte altro dalla donazione, o meglio: rappresentano una limitazione “di diritto” dell’intuizione che si dà all’Io trascendentale, unico capace di conferimento di senso. Più precisamente Marion chiede: «Non possiamo considerare alcuni fenomeni, tali da invertire il limite (debordando l’orizzonte anziché inscriversi in esso) e la condizione (riconducendo a sé l’Io, anziché ridurvisi)?»

La domanda, forse più annuncio programmatico che interrogativo, è la questione fenomenologica di Marion: pensare un fenomeno la cui datità precipua sia d[on]ata dalla sola donazione, senza altri orizzonti. Da tale questione egli muove, con l’accortezza di evitare che l’indipendenza da ogni orizzonte e l’irriducibilità all’Io finisca coll’indurre a “raccontar storie”. Ora, Kant e Husserl hanno pensato un fenomeno “comune”, ossia un fenomeno che si dà nella com-presenza di una previa condizione di manifestazione, il primo inaugurando la coppia intuizione/concetto, il secondo la coppia intuizione/intenzione. Certo, Husserl più di Kant ha colto l’originarietà donatrice dell’intuizione, ma contro Husserl va rimarcato che tale intuizione domanda sempre una significazione. In tal senso l’intuizione husserliana è povera, come si rileva dalla necessità che “la più alta manifestazione della fenomenalità” si compia con l’adeguamento perfetto tra intuizione e intenzione. Ora, tale adeguamento, che è alla base dell’evidenza, si realizza pienamente soltanto per alcuni fenomeni la cui intuizione è povera, quali i fenomeni matematici, ma precisa Marion, «quando si tratterà di fenomeni plenari – dell’apparizione delle “cose stesse” da d[on]are pienamente tramite l’intuizione – l’adeguamento ridiventerà un ideale in senso stretto, cioè un evento d[on]ato in modo imperfetto, attraverso penuria, almeno parziale, d’intuizione». E poco oltre: «Ciò che trattiene la fenomenologia dal lasciar apparire senza riserva i fenomeni, è dunque il deficit primario d’intuizione che essa assegna loro». È tale fenomeno povero d’intuizione e necessitante un concetto che Marion intende rovesciare liberando la fenomenalità dai limiti nei quali è stata pensata per aprire la via alla manifestazione di fenomeni non matematici, logici, comuni o poveri; per aprire, cioè, la via alla manifestazione di fenomeni saturi, dove la saturazione è pienezza debordante d’intuizione: «Al fenomeno […] caratterizzato dalla mancanza o povertà d’intuizione (una delusione della mira intenzionale), anzi, eccezionalmente, dall’uguaglianza semplice fra intuizione e intenzione, perché non far corrispondere la possibilità di un fenomeno in cui l’intuizione donerebbe più, anzi smisuratamente di più, di quanto l’intenzione non avesse mai scorto o previsto?».

La saturazione si fa qui questione fenomenologica, nella ricerca di nuovi fenomeni la cui unica e sola ratio sia il loro stesso darsi/mostrarsi e non il concetto che li coglie o il loro adeguamento con l’intenzione. La possibilità, finalmente, di far assurgere al rango di fenomeni quelli che normalmente vi sono esclusi perché non evidenti o certi secondo le regole dell’adeguamento.

La saturazione è veramente banale?

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