
1. Saturazione: una rappresentazione del limite spazio-tempo
Le diverse accezioni del termine saturazione convergono nell’indicare una condizione di limite.
In chimica un regime di saturazione indica la condizione di massima concentrazione possibile di soluto in una soluzione. In fisica è la condizione in cui all’aumento di una determinata causa non corrisponde più l’aumento del relativo effetto; in senso estensivo il termine si riferisce alla presenza della massima quantità possibile di una sostanza in un ambiente. In campo economico indica la situazione in cui il mercato non è più in grado di assorbire determinati prodotti.
In senso figurato il termine allude ad una soglia di tolleranza ed allude, quindi, ad uno stato mentale. In questo senso esso è divenuto una metafora della condizione dell’uomo moderno, sempre più agito dalle macchine che egli stesso ha prodotto, sempre più affollato delle merci che ha creato, vittima di un tempo assoggettato ai vincoli scanditi dalla produzione.
In psicologia il termine è impiegato in varie accezioni che si riferiscono al grado di pienezza indotta da una sensazione, da uno stimolo o da un contesto, sensazione che induce stanchezza e fastidio. Si parla di saturazione psichica per indicare “lo stato di avversione emotiva verso un’azione ripetuta continuamente in una situazione che dura a lungo” (Galimberti 1992, p. 836). Saturazione semantica designa la riduzione o la perdita di significato di una parola o di un’espressione troppo frequentemente ripetute.
In un contesto pieno di beni si produce una sorta di saturazione del desiderio, in quanto si comprime l’attesa con una soddisfazione immediata del bisogno. Se il desiderio può essere definito la mancanza dell’oggetto a cui è riferito ed è il principio che spinge all’azione, il pieno impedisce l’emergere della mancanza. Nel linguaggio psicoanalitico il riferimento alla saturazione è associato ad una condizione di “pienezza” che impedisce l’esprimersi di una mancanza e quindi l’emergere di un desiderio (Ciaramelli 2000). In questo ambito il concetto rimanda alla differenza tra godimento e desiderio, indicando con il primo la soddisfazione di un bisogno così veloce da non lasciare spazio all’emergere della mancanza, la sola condizione che può dare luogo al desiderio (Recalcati 2012).
Inoltre la saturazione del tempo, in termini psicologici, descrive un pensiero già così orientato in una sola direzione da determinare l’impossibilita di vedere oltre. Eccesso di oggetti da ricordare, eccesso di stimoli ricevuti, eccesso di compiti a cui fare fronte sono le dimensioni della saturazione dello spazio fisico e mentale in cui siamo immersi. L’aumento delle merci e delle superfici di vendita si accompagna ad una sensazione di “ingorgo”, alla sensazione di affogare la vita quotidiana in tempi e spazi – vita, lavoro, divertimento – sempre più densi e intensi (Triani 2010).
Il riferimento, per lo più implicito nelle analisi, sulla saturazione dei desideri nel tempo presente, si correla ad un filone di critica sociologica alla società del consumo, in cui l’affollamento delle merci non è correlato a bisogni “reali”, ma è indotto dal mercato. La logica del desiderio cede il passo ad una logica della pulsione che si manifesta in una continua messa in scena di quel vuoto che non è più possibile colmare (Lovink 2012). L’economia di mercato, sostiene Bauman (2007), ci ha indotti a desiderare esattamente quel che è necessario affinché questo sistema funzioni. Il sistema economico morirebbe di sovrapproduzione senza il ricambio continuo di merci. Le cose valgono soltanto come segno imperfetto di un eterno godimento. Nella stragrande maggioranza dei casi non si tratta di beni essenziali, ma di oggetti che devono suscitare l’ipertrofia dei desideri, ben oltre la linea, di per sé fluttuante, dei bisogni fondamentali. Alla dittatura dell’oggetto il consumismo ha sostituito la dittatura del desiderio: desiderio di ogni consumatore d’essere, per tramite dell’oggetto di consumo, sempre altro da quel che è. Ma essendo i desideri instabili, gli oggetti che ne rappresentano il segno sono destinati ad una rapida obsolescenza (Bauman 2008).
Le implicazioni di un tale orizzonte di analisi pongono l’accento sugli aspetti costrittivi del consumo, sulla tendenza all’omologazione dei comportamenti, sulle conseguenze ambientali connesse alla distruzione di risorse naturali, su una spinta compulsiva al consumo che erode progressivamente gli spazi di libertà individuali nel rapporto con gli stessi beni, fino alla diffusione di forme di disagio psichico. Così, la sofferenza umana oggi più diffusa tenderebbe a svilupparsi a partire da un’indigestione di possibilità, anziché da un’abbondanza di divieti come avveniva in passato, tanto che l’opposizione tra il possibile e l’impossibile è subentrata, come quadro cognitivo e criterio essenziale per la valutazione e la scelta della strategia di vita, all’antinomia tra ciò che è permesso e ciò che è vietato (Ehrenberg 1999).
Il tema acquista una diversa eco oggi, nello scenario di contrazione dei consumi e dei relativi cambiamenti valoriali. Nuovi interrogativi emergono: cosa accade se il consumatore diventa saturo dei propri consumi, cosa accade se cambia la desiderabilità non tanto di questo o quell’altro tipo di beni, ma in generale dei beni? Cosa succede se le persone filtrano con altri occhi i propri bisogni rispetto a quelli sollecitati dal mercato?
Nel contempo, l’iperconsumo si trasferisce dagli oggetti alle informazioni: immagini, segni, messaggi pervadendo la vita di ognuno, ben oltre gli spazi del mercato.
Il concetto di saturazione è per lo più associato a due dimensioni: quella dello spazio e quella del tempo. I due concetti sono spesso correlati a loro volta, ad esempio la saturazione prodotta dall’eccesso di merci si associa alla percezione di tempi vincolati al consumo nelle sue diverse fasi: acquisto, stoccaggio, uso, manutenzione, sostituzione dei beni stessi.
La saturazione dei tempi implica l’impossibilità di stabilire autonomamente sequenze di atti e di definire procedure diverse da quelle stabilite da routine sociali. Il concetto allude anche alla pervasività di un tempo di lavoro sul tempo libero, implica, nel senso corrente, la percezione di non libertà nell’allocazione del tempo nelle diverse sfere della vita.
Da una prospettiva sociologica – come quella assunta dalle considerazioni che seguono – il concetto di saturazione interseca dimensione sociale e dimensione individuale. L’intento è quello di proporre alcune riflessioni (non certo conclusive) su come l’avvento dell’era delle reti sociali modifichi le tematiche della saturazione in rapporto alle due dimensioni dello spazio e del tempo.
La saturazione nell’era delle reti sociali: dallo spazio al tempo