
1. Analisi della contemporaneità e antropologia filosofica
Da poco meno di mezzo secolo siamo entrati nella fase di saturazione della Terra. È questo uno dei tratti evidenziati dalla diagnosi epocale di Peter Sloterdijk, condotta attraverso quella che definisce «una grande narrazione filosoficamente ispirata». Al centro si colloca la storia della globalizzazione, un tema tanto diffuso nel dibattito pubblico quanto poco compreso. Sloterdijk sottolinea in primo luogo come il concetto comune di globalizzazione non sia in grado di afferrare il fenomeno nella sua interezza a causa di un difetto di prospettiva storica, in secondo luogo come i concetti fondamentali utilizzati nel dibattito siano «quasi senza eccezioni termini filosofici non riconosciuti come tali, il cui uso amatoriale conduce a suggestioni e fraintendimenti di senso». La filosofia ha dunque oggi il compito di cimentarsi con questo oggetto di analisi, tanto più quando essa voglia superare il dogma della fine delle grandi narrazioni – a sua volta una meta-narrazione – impegnandosi in una genealogia del presente che è la sola chiave della sua comprensione.
La saturazione (Sättigung – ma talvolta Sloterdijk utilizza anche il sinonimo Saturierung, semanticamente più circoscritto) è una conseguenza di un processo irreversibile, che ha portato la Terra, esplorata in ogni sua parte, a essere considerata come l’orizzonte ultimo e unico di esistenza, parallelamente a un progressivo svuotamento della sfera celeste e all’affermazione dell’impossibilità di un altrove o di un qualsivoglia “fuori”. L’epoca contemporanea è un inedito risultato della Modernità che ne segna allo stesso tempo il compimento e la dissoluzione e che necessita di un concetto e di un nome appropriato quale quello di epoca o mondo globale. Quest’ultimo d’altra parte va compreso alla luce di una più vasta relazione degli uomini con la figura della sfera o del globo, e con l’evoluzione che questa ha avuto da sempre come forma di rappresentazione del mondo e come medium di creazione di spazialità e di condizioni di esistenza e soggiorno nel mondo. Questo rapporto complementare è il nucleo dell’antropologia filosofica elaborata da Sloterdijk. Le sfere sono tutti gli involucri che costituiscono il delicato sistema di sostegno alla vita degli umani. Esse svolgono dunque una fondamentale funzione immunitaria. È in virtù dell’immunizzazione che può esistere un essere vivente definito e integro, in grado di conservarsi e riprodursi nel suo costante rapporto con l’ambiente, attraverso un graduale e circoscritto incontro con l’esterno in cui lo stesso sistema immunitario – inteso inoltre come ciò che partecipa a segnare i confini dell’identità – rimane costantemente aperto a parziali ridefinizioni.
Attraverso l’esplicitazione delle condizioni di possibilità di una vita integra – tanto sul piano naturale quanto su quello lato sensu culturale – viene gettato un ponte che supera il divario tra sistemi biologici, psichici e sociali. E viene illuminato inoltre il nesso tra variazioni ambientali, immunologiche e antropologiche. Diventa così possibile cogliere e inserire in processi di ampio respiro le innumerevoli differenze – ontologiche morfologiche, funzionali, mediatiche, di scala, etc. – delle “formazioni sferiche” che hanno accompagnato e accompagnano la vita dell’uomo. La saturazione è in questo senso allo stesso tempo indicatore e causa di una profonda trasformazione immunitaria, che va dalle grandi strutture collettive politiche a società individualistiche e dalle pareti sottili e permeabili. L’elemento di grande interesse dell’operazione compiuta da Sloterdijk emerge dal modo in cui il linguaggio filosofico viene portato fino ai suoi limiti, consegnando al lessico specialistico nuovi termini, concetti e metafore, nel tentativo di superare i suoi blind spots e costruire un complesso sguardo d’insieme che allo stesso tempo parodia e sfida i grandi sistemi filosofici. Per comprendere cosa voglia dire per Sloterdijk che la terra è satura, occorre dunque ripercorrere almeno brevemente la filosofia della storia – al contempo una narrazione della metafora e delle totalizzazioni che questa condensa – che emerge dalla sua “sferologia”.
2. Una storia filosofica della globalizzazione
Sloterdijk identifica un processo in tre fasi che definisce rispettivamente globalizzazione “onto-morfologica”, “terrestre” ed “elettronica” e che si differenziano, in primo luogo, secondo il medium simbolico e tecnico attraverso il quale operano. Nel suo primo senso la globalizzazione inizia con l’aiuto della geometria e della cosmologia greca ed ellenistica. Attraverso una combinazione di ontologia e ottimismo, razionalismo ed “evangelismo morfologico” (l’uomo, per quanto depresso dall’esperienza del disordine, non può cadere dal mondo), i greci svilupparono procedimenti mediante i quali attuare una comprensione e una rappresentazione della totalità di ciò che è nell’immagine di una sfera ultima che tutto comprende. Attraverso l’immagine della sfera – che comincia così il suo cammino nella storia del pensiero – si dispiegava dunque l’interpretazione filosofica di ciò che prese il nome di Kosmos o di Uranos: «misurare questo cielo con il pensiero significava compiere la prima globalizzazione».
Saturazione nell’ultima sfera