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Critica dell’economia politica e politica. Fra Althusser e Marx

Num°07 ECONOMY
Personen / Politiker / Deutschland / Marx / Schriften

L’articolo si prefigge di indagare lo statuto della marxiana critica dell’economia politica, e in particolare di mettere in luce i segni distintivi della dimensione della critica, nel suo carattere dirompente rispetto all’economia politica classica. Infatti, non ci si trova di fronte solo ad un’analisi “illuministica” dei limiti delle posizioni degli economisti politici, ma a un’articolazione più radicale, che investe non solo la teoria ma anche la prassi. Per la complessità del tema risulterà impossibile esaminarne qui le varie implicazioni, e quindi incentrerò il discorso a partire da un suo aspetto determinato, per quanto ampio concettualmente, come il rapporto fra realtà e pensiero. Al riguardo risulta particolarmente significativo il confronto con la riflessione di Louis Althusser in Lire le Capital, di cui metterò in risalto sia i punti di forza sia gli aspetti problematici, anche attraverso un richiamo all’approccio dell’operaismo italiano. A partire da tale attraversamento cercherò di delineare una modalità di concepire la relazione fra critica dell’economia politica e politica, in grado di rimarcare la rilevanza del nesso, ma nello stesso tempo di far emergere la non immediata coincidenza fra gli elementi indicati.

Inizio prendendo in considerazione la trattazione althusseriana in Lire le Capital, con particolare riferimento alla dimensione della critica in Marx. Si rivela necessario rilevare che Marx, nel momento in cui denota il suo dispositivo teorico, da un certo momento in poi adopera l’espressione “critica dell’economia politica”, e non tanto il termine “scienza”. L’elemento della critica appare davvero costitutivo del discorso, come sta a dimostrare il fatto che tutti i titoli e sottotitoli delle opere principali sono contraddistinti dal richiamo alla “critica”: Per la critica dell’economia politica, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, Il capitale. Critica dell’economia politica… Come sottolinea Althusser, occorre quindi cogliere la specificità della critica dell’economia politica nel suo carattere di radicale frattura rispetto all’economia classica, in primis di Smith e Ricardo: «“Criticare l’economia politica” vuol dire opporle una nuova problematica e un nuovo oggetto: dunque, mettere quindi in questione l’oggetto stesso dell’Economia Politica […]. La critica dell’Economia Politica di Marx è, dunque, molto radicale: mette in questione non solo l’oggetto dell’Economia Politica, ma l’Economia Politica stessa in quanto oggetto[1]. Non si tratta solamente dell’individuazione dei limiti strutturali di un determinato paradigma, ma di una vera e propria destituzione dell’economia politica. La posizione così articolata è dirompente, dal momento che viene posta in crisi irreversibile l’economia politica come oggetto: non è, quindi, possibile, un’“altra” economia politica. Così Marx, anche se rimane interno, nel linguaggio, nella terminologia, ai discorsi degli economisti politici, opera non solo uno spostamento, ma una destrutturazione. Tale “rivoluzione teorica” non appare omologa a nessuna delle “rivoluzioni teoriche” che si sono succedute nella storia del pensiero, dal momento che investe in modo del tutto inedito la dimensione della pratica.

A partire da queste coordinate, Althusser indaga i segni distintivi del materialismo marxiano, contenuto nella critica dell’economia politica, con il suo carattere “esplosivo”: «Il punto decisivo della tesi di Marx riguarda il principio di distinzione tra il reale e il pensiero. Una cosa è il reale coi suoi differenti aspetti: il concreto-reale, il processo del reale, la totalità reale ecc.; altra cosa è il pensiero del reale coi suoi differenti aspetti: il processo di pensiero, la totalità di pensiero, il concreto di pensiero ecc. Questo principio di distinzione implica due tesi essenziali. 1) la tesi materialistica del primato del reale sul suo pensiero, poiché il pensiero del reale presuppone l’esistenza del reale indipendentemente dal suo pensiero […] e 2) la tesi materialistica della specificità del pensiero e del processo di pensiero nei confronti del reale e del processo reale […] Che esista un rapporto tra il pensiero-del-reale e il reale, non c’è alcun dubbio, ma è un rapporto di conoscenza, un rapporto di inadeguata o adeguata conoscenza e non un rapporto reale, intendendo con ciò un rapporto inscritto nel reale di cui il pensiero è la conoscenza […] Questa distinzione tra rapporto della conoscenza e rapporto del reale è fondamentale: se non la si rispetta, si cade immancabilmente o nell’idealismo speculativo o in quello empiristico. Nell’idealismo speculativo, se si confonde, con Hegel, il pensiero e il reale, riducendo il reale al pensiero […]; nell’idealismo empiristico, se si confonde il pensiero col reale, riducendo il pensiero del reale al reale stesso». Il lungo passo riportato fa emergere due elementi-chiave del discorso marxiano. Il primo consiste nel riconoscimento della priorità della realtà, della “verità effettuale della cosa”, per riprendere una straordinaria espressione machiavelliana, sul pensiero. Dovrebbe risultare immediatamente evidente perché un approccio marxiano ponga come punto di partenza il reale, l’oggetto reale, e non l’oggetto della conoscenza, e perché quindi la machiavelliana “verità effettuale della cosa” nella sua singolarità possa connotare il senso del ragionamento delineato. L’aspetto dirompente, rispetto a Machiavelli, è che ci si trova di fronte non solo a un’analisi del reale, ma a una sua trasformazione: il riferimento al reale viene quindi ad assumere una valenza rivoluzionaria.

Critica dell’economia politica e politica. Fra Althusser e Marx

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