
Vi è una consolidata corrente della filosofia che accredita il filosofo come uomo tra le nuvole, che, intento a scrutare i cieli, inciampa nel pozzo. Il riso della servetta tracia come le beffe di Aristofane sono, per dirla con Nietzsche, nient’altro che l’espressione di un risentimento che ha per effetto di capovolgere uno sforzo millenario, teso invece ad avvicinarsi alla comprensione di ciò che è davvero essenziale del mondo, uno sforzo pagato talora con la vita, e invece squalificato come astruseria e astrattezza. Ora, è difficile resistere a quest’accusa, senza cadere nell’equivoco di rispondere all’avversario, avendo anzitutto fatto propria la sua prospettiva critica. Nel corso del secoli la filosofia l’ha fatto soprattutto in tre modi. Il primo, antico come i sofisti, è quello di mostrare la potenza dell’argomentare filosofico, che è in grado – indipendentemente dalla sua presa sulla realtà – di esercitare però uno straordinario potere su una comunità e di convincere tanto di una cosa quanto del suo contrario. Più tardi si sarebbe chiamata questa la potenza ideologica del pensiero. La seconda via è quella dell’esplicito realismo (empiristicamente inteso o no) ossia quella di assumere il dato di realtà come orizzonte normativo del pensiero. La terza è quella di un passo laterale che destina la filosofia a un’efficace analisi dei contenuti del discorso sulla base della loro stringenza logica.
In certo modo, più o meno esplicito, queste tre vie assumono l’obiezione dell’avversario e cercano di mostrare come la filosofia possa riuscire a fare i conti con il reale o influenzandolo o assumendolo normativamente o ritagliandosi un preciso e limitato spazio di validità. Come si può facilmente vedere, esse non sono però identiche, anzi per certi aspetti sono opposte (il realista contrasta i sofisti come relativisti e soggettivisti). Hanno però in comune un punto di convergenza: considerano la verità come una proprietà unilaterale (del discorso, o delle cose o della logica argomentativa) e non come una relazione tra ordini non congruenti: l’ordine del pensiero, quello della parola, quello dalla cosa. L’ermeneutica nella sua forma più propria comincia invece dalla consapevolezza di questa non corrispondenza tra pensiero, parola e cosa, e formula nell’interpretazione un progetto in cui l’ordine del conoscere, quello dell’esprimere e quello del reale possano però pervenire, almeno in un punto e almeno per un tempo, a una congruenza. Kant ha senza dubbio avviato questo processo con le sue riflessioni gnoseologiche, ma ha poi duramente separato il conoscere dall’agire, aprendo il campo a un idealismo eticamente motivato, ma con fragili, perché ipertrofiche, basi ontologiche. L’ermeneutica novecentesca l’ha proseguito, ma, attraversata talora da un estetismo accentuato o da un pressante bisogno di alleggerimento dai grandi sistemi, ha aperto la strada al decostruttivismo post-moderno, che non è se non l’estrema propaggine della modernità.
Si comprende di qui il rinnovato bisogno di tornare alle cose stesse, di misurarsi realisticamente su di esse. Si potrà dire – ed è stato detto – che quest’intento di ritorno al realismo non va oltre la banalità. Ma in una società costruita sulla misura dell’apparente e del virtuale, la sola invocazione del “reale” pare già avere una forza taumaturgica. Nondimeno pensare che sventolare la realtà come una potenza critica produca l’illuminismo è singolarmente ingenuo. Si tratta di un’ingenuità che è figlia genealogica di ciò da cui vorrebbe liberarsi. Non a caso, infatti, nella correzione del soggettivismo gnoseologico imputato all’ermeneutica, e poi al post-moderno, si ricorre a un concetto ambiguo, e intenzionalmente decapitato, come quello di ontologia. Si tratta infatti di un’ontologia senza metafisica, anzi di un’ontologia in luogo di una metafisica. Gli empiristi avevano almeno il coraggio di dire esplicitamente il nome di quest’ontologia non metafisica e la chiamavano esperienza; qui l’ontologia sembra volersi elevare a un livello più generale, meno empirico, ma evitando ogni implicazione metafisica.
Oportet Idealismus