
Introduzione
La proposta della fenomenologica husserliana riguardo ad una definizione della realtà converge, da ogni suo punto di vista, verso il tentativo di salvare la realtà cosale dall’idealismo. Anche in quello che Husserl stesso definisce come sua posizione, vale a dire l’idealismo trascendentale, la realtà presenta una sua autonomia rispetto al soggetto conoscente, proprio perché ciò che appare come reale – la cosa – si mostra costitutivamente come un’essenza inviolabile e realmente afferrabile dall’atto percettivo, in questa sua struttura.
Fin dall’incitazione delle Ricerche logiche a «tornare alle “cose stesse”» è chiara l’intenzione della “nuova scienza”, che si caratterizza come una “terza via” rispetto a quelle della psicologia (soggettivistica e particolaristica, epistemologicamente inaccettabile) e della logica (universale e astratta ma, soprattutto, infondata nelle sue premesse che, per essere valide, devono essere dimostrate dal punto di vista empirico), di riuscire a ribadire contro ogni tipo di soggettivismo che la realtà cosale non è riducibile a mero dato di coscienza. La cosa e la coscienza piuttosto si incontrano ed ognuna riceve senso da questo incontro in un orizzonte che si costituisce tra due poli diversi, seppure indipendenti nella relativa e correlata essenza. La correlazione costitutiva (l’incontro intenzionale tra le due entità, coscienza e cosa) consente la formulazione di un nuovo concetto di realtà. La realtà è il risultato del percepire di una coscienza, che fa esperienza di un’essenza cosale, che si offre direttamente alla coscienza medesima. Questa, a sua volta, risponde ai “rimandi” della cosa stessa e prende in considerazione quanto la cosa offre nella sua datità-diretta.
1. La realtà della cosa
L’intenzione fondamentale della fenomenologia husserliana, fin dal suo inizio, consiste nel valutare la possibilità che la realtà della cosa possa essere colta nella sua originarietà e non nel suo mero “fenomenizzarsi” per un soggetto.
La realtà tra essenza ed esperienza