
1. Per cercare di rispondere alla domanda su “cosa c’è di essenziale, di irrinunciabile, nella forma partito che altre forme di organizzazione del consenso e di legittimazione politica non possono avere” dobbiamo, necessariamente ed ovviamente, avere chiaro cosa intendiamo per “partito politico”: e per fare questo occorre individuare le differenze ontologiche tra il “partito” e le altre forme di aggregazione sociale, ancorché queste perseguano finalità di natura politica.
Il problema, posto così, potrebbe apparire del tutto ovvio: ed invece non è così. La nostra Costituzione, come pure le principali costituzioni straniere che prevedono una disposizione dedicata ai partiti, si preoccupano di definire “cosa fanno” (o “devono fare”) i partiti, ma non chi essi siano. L’art. 49 della Costituzione italiana è noto («Tutti i cittadini possono associarsi liberamente in partiti politici per concorrere alla determinazione della politica nazionale»): è evidente che esso pone l’accento sulla funzione costituzionale assegnata (la partecipazione alla determinazione della politica nazionale) e sul ruolo strumentale dei partiti rispetto ad essa, mentre nulla dice su “cosa” siano i partiti. E così fanno, peraltro, altre costituzioni: quella francese, ad esempio, stabilisce che «i partiti e i gruppi politici concorrono all’espressione del voto. Essi si formano ed esercitano la loro attività liberamente»: ove l’accento è posto su una delle funzioni fondamentali del sistema dei partiti (come si dirà), nonché sulla libertà che ne deve contraddistinguere la costituzione e l’azione. Analogamente la più recente Costituzione spagnola, che all’art. 6 espone una piccola summa delle funzioni svolte dai partiti negli Stati europei del secondo dopoguerra: «I partiti politici esprimono il pluralismo politico, concorrono alla formazione e manifestazione della volontà popolare e sono strumento fondamentale per la partecipazione politica», cui seguono due commi dedicati alla libertà di costituzione e di esercizio dell’attività, nonché alla necessaria democraticità interna.
Dunque le costituzioni non ci dicono (espressamente almeno) cosa sono i partiti, e come essi si identificano rispetto ad esempio ai “gruppi politici” ovvero ai “movimenti politici” ovvero ancora alle “associazioni politiche” e così via: e nondimeno la Costituzione “presuppone” una nozione di partiti politici ed in certa misura concorre a ricostruirla, come si dirà subito. Né a soddisfare l’esigenza definitoria ha provveduto, sin qui, il legislatore: varie leggi presuppongono l’esistenza di partiti ed attribuiscono ad essi (ovvero a quelli riconosciuti tali…) funzioni pubbliche insieme ad opportunità e benefici, ma nessuna normativa definisce in via generale i criteri in base ai quali costruire l’identità di un partito politico. Sintomo evidente dell’ambiguità della situazione è la circostanza che pressoché ogni volta in cui il legislatore indirizza ai partiti una qualche previsione esso accomuna ad essi altri soggetti collettivi: i “gruppi politici”, ovvero i “movimenti politici”, e così via. Così, ad esempio – e limitandoci alle previsioni normative più recenti –, la legge 6 luglio 2012 n. 96 introduce «Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi», e delega il Governo «per l’adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici e per l’armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali». Come può vedersi, dunque, “partiti” e “movimenti” politici vengono da tale legge assimilati: analogamente fanno quelle disposizioni normative che, nell’individuare i caratteri propri di specifiche formazioni sociali, utilizzano (in “negativo”) alcuni criteri la cui ricorrenza vale ad escludere l’appartenenza del soggetto dalla categoria individuata: così, ad esempio, il decreto legislativo che individua e definisce la categoria delle “organizzazioni non lucrative di utilità sociale” stabilisce che non possono essere considerati tali «i partiti e i movimenti politici».
Né la situazione muta considerando la normativa che disciplina le elezioni al Parlamento nazionale (d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 per la Camera dei deputati; legge 20 dicembre 1993 n. 533 per il Senato), secondo la quale possono presentare liste elettorali i “partiti o gruppi politici organizzati”. In altri casi, ancora, la legge si riferisce (genericamente) ai “soggetti politici” (così fa, ad esempio, la legge 22 febbraio 2000 n. 80 in materia di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica), consentendo quindi l’applicazione sia ai partiti che ad altre forme di aggregazione politica.
Se poi si passa dall’ambito delle previsioni normative a quello delle auto-definizioni il quadro non tende certo a chiarirsi. Analizzando gli statuti dei principali “partiti” oggi esistenti ed operanti (ovvero di quelle organizzazioni che hanno presentato liste alle ultime elezioni politiche ed hanno ottenuto seggi, e che hanno dato nome ai gruppi parlamentari costituitisi successivamente alle elezioni), se ne trae un quadro assai singolare.
Il Partito Democratico è l’unico che si auto-definisce partito, a partire dal nome: coerentemente, l’art. 1 prevede che «Il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori ed iscritti, fondato sul principio delle pari opportunità, secondo lo spirito degli articoli 2, 49 e 51 della Costituzione».
Al contrario, il Popolo della Libertà nel proprio statuto si definisce “movimento” e non “partito” («Il Popolo della Libertà è un movimento di donne e uomini che credono nella libertà e vogliono rimanere liberi ecc.»); così pure la Lega Nord per l’Indipendenza della Padania si autodefinisce come «Movimento politico costituito da Associazioni Politiche».
Ancora più singolare, ben oltre i limiti del paradosso, è il “non-statuto” del Movimento 5 stelle, il quale definisce lo stesso un movimento e una “non Associazione”.
Lo statuto di Sinistra, Ecologia e Libertà definisce questa formazione politica come una «libera, laica, democratica e aperta organizzazione politica di uomini e donne, fondata sul principio della libertà, solidarietà ed eguaglianza, dell’ecologia, della non violenza e della differenza sessuale».
Scelta Civica si definisce, sempre nello statuto, come Associazione – Movimento politico, precisando all’art. 1 che «È costituito in ambito nazionale, sotto forma di associazione, il Movimento politico denominato “Scelta civica”».
Circa la necessità di una definizione in via legislativa del partito politico