
1. La capacità di un cambiamento creativo
Il vissuto quotidiano mette in scena un cambiamento che si compie secondo l’ordine vigile della Natura. L’uomo è parte di questo cambiamento per cui cambia, e non può non cambiare né cambiare altrimenti, seguendo quella successione che ne scandisce (e garantisce) le fasi, anticipandone contenuti e direzione. In ragione di questo cambiamento, l’uomo partecipa a un processo il cui corso ha un ordine che ne specifica peculiari caratteristiche, assegnandogli ruoli e funzioni particolari.
La stessa scena, però, permette di assistere a un altro tipo di cambiamento. Si tratta del cambiamento che ha il proprio principio-d’azione nell’uomo, in quanto capace di dare inizio a un cambiamento che non è solo un risultato, spiegabile interamente attraverso gli antefatti o le circostanze particolari in cui accade, perché cambiamento che può portare a un rinnovamento della realtà nella sua totalità.
Questa possibilità rimanda alla straordinaria capacità dell’uomo di riuscire a pensare il mondo e il proprio stare al mondo in modo diverso, ridisegnando confini, ordine e direzione dei cambiamenti.
Tale capacità creativa è, nello stesso tempo, capacità di pensiero e di azione. È capacità di pensiero perché l’uomo può pensare la realtà secondo altri confini, altro ordine e altra direzione; ed è capacità di azione perché è in grado di intervenire sulla realtà trasformandola secondo la forma pensata (sognata, puntualizzerebbe Paul Valéry). Inoltre, proprio in quanto capacità di pensiero e di azione, la capacità creativa dell’uomo è inevitabilmente capacità di scelta.
La diversità della forma con cui l’uomo pensa e sceglie di trasformare la realtà non va confusa con un “qualsiasi altro modo”: non è (o meglio, non dovrebbe essere, nonostante a volte sia stato) un indifferentemente diverso né può essere una diversità intenzionalmente opposta al naturale ordine di cambiamento.
È la diversità “poetica” che espande e amplifica; una diversità che dà vita a un possibile altrimenti impossibile; una diversità che, seguendo Ralph Waldo Emerson, genera una seconda natura che nasce dalla prima, «come una foglia spunta dall’albero».
Questa capacità tuttavia, per non rimanere possibilità generica e inespressa, per poter essere riconosciuta quale potere che dà potenza e valore all’uomo e al suo agire, deve farsi operativa, deve cioè compiersi in un atto che ne sia concreta e fedele testimonianza.
La pratica necessaria a tale capacità non è una semplice operazione di “messa in atto”, chiamata a esercitare una possibilità verificandone la piena espressione; non può risolversi in un esercizio che ne potenzi funzione ed effetti così come non può seguire la sequenza di una prescrizione.
Se nella capacità creativa va riconosciuto un dover essere, una necessità alla quale non è possibile non rispondere se non lasciando l’esistenza al puro fatto o a un senso letterale, la pratica di cui necessita la capacità di cambiamento propria dell’uomo potrà allora compiersi come una autentica “messa alla prova” per la quale la stessa capacità di cambiamento è da assumere come compito.
Per questa ragione, la pratica da esercitare può avere la forma dell’apprendistato: un apprendistato del cambiamento possibile attento all’esercizio, non tanto di una funzione, ma di un atto significante; un apprendistato che si fa carico di quella particolare formazione che guarda alla significatività (e non solo alla strumentalità) dell’esperienza; un apprendistato che prepara a progettare nuove prospettive; un apprendistato che, proprio per la sua valenza progettuale, si caratterizza come un apprendistato educativo.
Impegnata a iniziare, coltivare e orientare il cambiamento creativo, pur caratterizzata da specifiche conoscenze procedurali e strumentali necessarie all’efficacia del suo intervento, questa pratica educativa non può essere preordinata su una successione garantita. La sua azione, inevitabilmente situata e collocata, comprende sempre un margine di improvvisazione: agire in senso educativo significa infatti rispondere alla situazione trovando nella situazione stessa le possibilità di trasformazione.
L’agire educativo come apprendistato del possibile