
1. Preambolo
Che cos’è, che cosa dev’essere il nostro sistema educativo e formativo? Un sistema educativo è un’istituzione. Ma che cos’è un’istituzione? Un’istituzione è una casa per le persone.
Il nostro sistema educativo – e innanzitutto la scuola e l’università – è quindi un’istituzione, è una casa per le persone. Ma com’è fatta, questa casa? che tipo di spazio (pubblico) è? Non sarebbe una casa, se non fosse pienamente accessibile, se anzi non fosse un luogo, a cui neppure dobbiamo accedere, ma in cui sempre già siamo. Non sarebbe un sistema educativo e formativo, se questa piena accessibilità non si declinasse tuttavia nella forma di un “oltre”, di una meta impegnativa da raggiungere. È implicito nel concetto di “istituzione”, del resto, che la casa, in cui abito a pieno titolo, tuttavia pure mi ecceda: il soggetto non è mai il proprietario della casa (dell’istituzione), la quale al contrario conserva un insuperabile elemento di trascendenza rispetto a coloro che vi partecipano e ne hanno cura.
Come pensare – concretamente – questo oltre accessibile? Sembra che le politiche dell’educazione possano andare o nella direzione dell’oltre, oppure in quella dell’accessibilità, ma non in tutte e due. Eppure, è proprio questa la sfida che abbiamo di fronte.
Un sistema educativo va nella direzione dell’oltre quando chiede a ciascuno il massimo sforzo, e premia il lavoro, il merito, e l’eccellenza (tutte nozioni che avrebbero quanto meno bisogno di una rivisitazione filosofica specifica, che non è questo il luogo per effettuare). Un sistema educativo va nella direzione dell’accessibilità, quando consente a tutti di arrivare alla meta, non lasciando indietro nessuno, e mettendo in opera politiche inclusive, mirate soprattutto ai più deboli (in senso economico, sociale, culturale).
In questa (falsa) alternativa di oltre e accessibilità, che spesso vien fatta coincidere (a torto) con la scelta tra destra e sinistra, si fronteggiano due antropologie. Da un lato l’accessibilità, che prende in considerazione l’essere umano (donna e uomo) in quanto tale, la persona qualunque, privilegiando l’universalità (e in questo senso la quantità); dall’altro lato l’oltre, che prende in considerazione l’essere umano al suo meglio, l’uomo esemplare, ciò che un tempo si sarebbe chiamato il migliore (e in questo senso la qualità). Sia detto per inciso: fino almeno dalla Metafisica di Aristotele, nella filosofia (e quindi nella pedagogia) convivono, in un groviglio inestricabile e contraddittorio, appunto queste due direzioni: la metafisica si occupa di ciò che è primo in quanto universale, dunque dell’essere, dunque dell’uomo in quanto tale, dunque dell’accessibilità? Oppure si occupa di ciò che è universale in quanto primo, dunque di dio, dunque dell’uomo eccellente, dunque dell’oltre?
L’educazione come “oltre accessibile”