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Due impieghi della parola “spazio” in psicoanalisi: Freud e Winnicott

Num°11 SPACE
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Il mio intervento avrà per argomento l’impiego non tanto del concetto di spazio quanto più semplicemente della parola spazio. Faremo un breve riferimento alla psicoanalisi classica, vale a dire a Freud e alle sue due topiche, per soffermarci poi più diffusamente sulla teoria dello spazio transizionale elaborata da Donald Winnicott.

Freud e Winnicott erano ambedue medici e psicoanalisti e non già filosofi di professione. Nondimeno, se è ormai un fatto acquisito che l’opera freudiana contenga innumerevoli spunti filosofici e forse anche una filosofia in senso proprio, io mi avvicinerò al pensiero di Winnicott in una prospettiva che, se da un lato dovrà certo dar conto delle sue originalissime tesi psicoanalitiche, dall’altro guarderà a queste tesi, e in particolare a quelle che riguardano l’oggetto e lo spazio transizionale, come tesi eminentemente filosofiche.

Nel corso della sua lunga carriera intellettuale, Sigmund Freud ha delineato nell’ambito della sua indagine metapsicologica due topiche ben diverse l’una dall’altra. La topica è una descrizione generale dell’apparato psichico e in tal senso afferisce integralmente alla dimensione metapsicologica della psicoanalisi.

La prima topica viene ampiamente descritta da Freud nel settimo capitolo, il capitolo cosiddetto metapsicologico, dell’Interpretazione dei sogni (1899). Topica deriva da topos che in greco significa luogo o anche spazio. Freud descrive l’apparato psichico come diviso in tre spazi, o forse sarebbe meglio dire in tre regioni: le prime due regioni formano, per esprimerci con un’immagine, uno stato unitario: è lo stato formato dalla coscienza e dal preconscio; non esistono conflitti o sbarramenti doganali tra queste due regioni, ed è per questo che si può affermare che esse configurano uno stato unitario, con un medesimo ordinamento giuridico e un’uguale sensibilità morale.

La terza regione è l’inconscio, il quale forma uno stato a sé, diviso e spesso in lotta con lo stato preconscio-coscienza. L’inconscio è abitato in prevalenza da contenuti psichici rimossi in quanto incompatibili e inaccettabili dal sistema preconscio-coscienza. Credo che il lettore non abbia alcun bisogno di ulteriori informazioni in proposito.

Mi preme invece indugiare sull’impiego del termine topos in questa complessa teoria dell’apparato psichico. È mai possibile che l’ingenuità di Freud arrivasse al punto di congetturare che l’apparato psichico fosse esteso spazialmente? È chiaramente impensabile: il cervello e il sistema nervoso, che Freud ben conosceva, hanno una natura materiale e pertanto un’estensione spaziale; ma in rapporto alla psiche, o mente che dir si voglia, l’idea che essa sia spazialmente estesa è del tutto priva di senso. Solo una fantasia metafisica e irrazionale potrebbe sviluppare una simile credenza. Ma Freud non era né metafisico né irrazionale. Si pone allora la domanda: in che modo nella sua descrizione della psiche opera e funziona il termine spazio? E in second’ordine, per quale ragione nella sua prima e imponente indagine metapsicologica gli si è imposta prima di ogni altra la parola spazio?

Prendiamo le mosse dalla prima domanda, senz’altro la più complessa: posto, come già abbiamo sostenuto che Freud non usa il termine spazio in maniera letterale, la nostra ipotesi è che lo usi, non già in modo metaforico come apparentemente e ingenuamente si potrebbe pensare, bensì in maniera euristica, dove con questo termine intendiamo una metodologia di ricerca fondata su un concetto non arbitrario e tuttavia privo di qualsivoglia fondamento realistico. In termini sicuramente più semplici: l’euristica è, almeno nel nostro caso, un escamotage per rappresentare plasticamente e razionalmente un fenomeno immateriale.

Seconda domanda: perché Freud nell’Interpretazione dei sogni ricorse proprio alla figura dello spazio per diffondere le sue idee assolutamente innovative sull’apparato psichico? La risposta in questo caso è, a mio giudizio, a portata di mano. Perché rappresentare la mente come estesa nello spazio costituisce, con buona pace di Descartes, il modo più immediato e forse anche più primitivo per parlarne, per caratterizzarla e descriverla.

In L’Io e l’Es (1922) Freud descriverà la sua seconda topica. E dobbiamo qui osservare che si è imposta nella letteratura psicoanalitica l’espressione seconda topica senza alcuna giustificazione, giacché in questo testo la descrizione dell’apparato psichico segue un’euristica che ha lasciato alle proprie spalle topoi, spazi e regioni, e che al centro del suo vertice osservativo pone l’idea di un apparato psichico costituito da centri di vita psichica ben diversi l’uno dall’altro: Io, Es, Super-io.

Anche in relazione alla seconda topica riteniamo di non doverci dilungare. Ribadiamo unicamente il punto fondamentale: la prima topica era costruita su un’euristica centrata sull’idea di spazio; nella seconda topica l’euristica è basata sull’idea di attività psichica, idea che confluisce nel quadro di tre diversi centri di vita psichica.

Occupiamoci ora della maniera in cui Winnicott, qualche decennio dopo le teorizzazioni freudiane, usa il termine spazio e più spesso il termine area (area) all’interno dell’espressione, che maggiormente ci impegnerà, di spazio ovvero di area transizionale.

Due impieghi della parola “spazio” in psicoanalisi: Freud e Winnicott

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Numero 11 SPACE luglio, 2014 - Autore:  Condividi

 

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