
Nella storia del pensiero occidentale fin dall’antichità si ravvisa un autentico dualismo tra l’idea di un’assoluta, inflessibile e immanente necessità del reale, che si sottrae addirittura al potere e arbitrio sovrano degli dèi, e un accadere degli eventi nient’affatto necessitante ma in balìa di una causalità che non è in antitesi con la libertà. Tale dualismo è ben rappresentato dall’opposizione tra il Fato degli Stoici, concepito come “ineluttabile necessità”, e l’ammissione della deviazione degli atomi, nella concezione filosofica di Epicuro, dai loro regolari percorsi. Secondo la testimonianza di Stobeo, per lo stoico Crisippo «le cose che sono accadute, sono accadute, le cose che accadono, accadono, le cose che accadranno, accadranno». Dalla fisica fondata sul principio del logos immanente al reale, sui logoi spermatikoi o ragioni seminali, gli Stoici mutuano, in sede morale, l’idea di Destino. L’idea di necessità cui sarà riconducibile l’idea cristiana di Provvidenza attraverserà la speculazione filosofica, rivelandosi fortemente influente in sede teoretica e nella definizione del paradigma deterministico. Essa rappresenta l’antitesi di un’idea che per la prima volta nel mondo antico si era imposta nella Fisica (II, B4 e B5) di Aristotele (384/383-322 a.C.): la nozione di fortuna (τύχη), alla quale è congiunta l’idea di caso (αὐτόματον). Per lo stoico Crisippo «tutto ciò che accade, accade per opera di cause antecedenti, e quindi accade per opera del fato. Ne consegue dunque che tutte le cose che accadono, accadono per opera del fato» («omnia quae fiunt, causis fiunt antegressis; id si ita est, fato omnia fiunt; efficitur igitur fato fieri quaecumque fiant»). Questo fatalismo non è in sintonia con il credo degli Epicurei che per difendere la libertà morale, pur ammettendo una concezione meccanicistica del reale, ricorrono alla postulazione della deviazione (clinamen) degli atomi dalla traiettoria in linea retta. Esso non è in armonia con l’idea di Fortuna che nell’immaginario è rappresentata dalla dea bendata, col piede instabilmente posato su una ruota per simboleggiare l’incertezza dell’essere. Il primo rappresenta anzi l’antitesi della seconda, anche se lo stoico a ben vedere si sente libero proprio nella sua cieca accettazione del volere del Fato. L’idea di necessità, avversata nel mondo antico dalla Nuova Accademia il cui capo è lo scettico Carneade di Cirene (III-II secolo a.C.), ostile all’arte divinatoria, si manterrà ostinatamente in circolazione nel corso dei secoli. Essa si tradurrà anzi, nel pensiero moderno, nel modello della razionalità scientifica deterministica nella concezione del matematico, fisico e astronomo Pierre Simon de Laplace.
Necessità fortuna e caso. Dal mondo antico alla crisi dell’onniscienza divina