RSS
 

Numero 12 – Fortuna

Num°12 LUCK
Numero_12FORTUNA

IL CENTRO DELLA FORTUNA

EDITORIALE

Un pensiero che sfiora la mente spesso, quello di avercela fatta per un soffio, di aver avuto fortuna, o al contrario, che sia stata proprio una sfortuna.
Ci sono combinazioni e circostanze fortunate e altre evidentemente sfortunate, persone più fortunate di altre, vite intere senza grossi inciampi e piene di opportunità, altre che si inerpicano su salite ripide fin dall’inizio, in cui alla mancanza di opportunità si sommano gli eventi negativi acuti. Carlo S. è morto il giorno in cui è stata annunciata la fine della guerra, sul tetto della sua casa, centrato da un proiettile sparato per far festa, mentre lui stesso si sbracciava dalla gioia. Si dice fatalità, in questi casi, ma per lui, certo, sfortuna.

La fortuna (e la sfortuna) viene in mente, dunque, ma è molto difficile pensarla, infilzarla con il pensiero e trovarne un nucleo pieno. E questo è testimoniato per cominciare dal fatto che si può non credere affatto nella fortuna o nella sua mancanza, si può considerare questa credenza una superstizione, e malgrado ciò attribuire ad essa, esattamente come alla divinità cieca della tradizione, un potere immenso e misterioso, che incide sulla storia, sulle vite, incrinando la fiducia nell’efficacia della ragione, delle scelte, della forza di volontà, della conoscenza, della virtù e soprattutto della giustizia umana e divina. Una sfortuna è considerata un’ingiustizia, infatti, ma anche la fortuna, perché può essere accompagnata dalla virtù e dalla consapevolezza ma anche non esserlo, può essere in capo a chi ne fa buon uso o non.

Che altro è in sé la fortuna, qual è il centro o l’essenza del concetto di fortuna, oltre a rappresentare l’inquietante enigma centrale dal quale si dipanano i racconti e le teorie che costruiscono un tragitto e una speranza di senso? A partire dalla nube tragica che si addensa su popoli interi, epoche storiche, famiglie, comunità, individui, e che non ha spiegazioni (e non deve averne, perché la tentazione di darne approda ineluttabilmente ad aberrazioni ideologiche) si può cominciare a contare, a ragionare, ma quello zoccolo duro di non ragionevolezza è lì, non se ne fa nulla se non portarlo con sé. Il suo corrispettivo positivo, la condizione edenica, è un dono o un sogno ma certo non un merito, e anche in questo caso da lì si comincia a misurare e a raccontare cosa se ne è fatto.

È per questa condizione di quasi impensabilità che il concetto di fortuna assume aspetti tanto diversi da un contesto di riflessione a un altro, a seconda di quali altri concetti lo circondano e lo piegano verso di sé. La sua imprecisione di punto cieco e magnetico è connaturata, non può essere portata a chiarezza, ma grazie alla sua persistenza al centro di qualunque presa di posizione teorica per la libertà, per la giustizia, per l’efficacia della virtù, per il merito, resta un’inaggirabile sfida filosofica.

La soggettivizzazione della fortuna, che prende le mosse da Aristotele, trova insieme una conferma e una smentita nelle pratiche della fortuna che, dall’astrologia al gratta e vinci, appaiono ancor oggi pervasive. È solo dal punto di vista del soggetto, che ha senso parlare di “fortuna” o “sfortuna”. Subito però il contorno del soggetto viene per dir così ripassato a matita, e ne vien fuori un doppio bordo, un doppio profilo di avere fortuna e di essere fortunato. Il rasoio analitico taglia via l’essere fortunato, ma – così facendo – toglie alla fortuna proprio la sua punta ontologica, l’aspetto “magico”, senza il quale il fenomeno della fortuna cessa di essere quello che è, e appunto si dissolve, come un non-concetto o un semplice equivoco. Nelle pratiche della fortuna, infatti, l’avere fortuna non è mai scisso dall’essere fortunato. Nel tema natale astrologico, una presenza benigna di Giove (e di Venere) esprime la diatesi, la predisposizione quasi genetica alla fortuna. Ed è proprio questo che pensa il senso comune, quando definisce qualcuno fortunato, qualcun altro sfortunato. La fortuna diventa cosi eu-daimonia, l’avere un buon daimon, che non coincide con il soggetto, ma lo accompagna per lunghi o brevi periodi e talora addirittura per tutta la vita. La fortuna è un accidente, ci ricorda Aristotele; ma questo accidente è essenziale – pensano i pratici della fortuna – più o meno a quel modo in cui è essenziale per Socrate l’accidente di essere saggio, per Romeo e Giulietta l’accidente di essere innamorati, per Hitler l’accidente di essere malvagio. Come daimon, o come angelo custode, la fortuna è dunque una sorta di aura, una nuvola, che insiste sul soggetto senza essere in suo potere, e che può abbandonarlo da un momento all’altro. La nuvola, l’aureola, il daimon, sono dunque soggettivi, ma in un modo costitutivamente diverso dalla libertà o dalla volontà. Sono il risvolto d’essere del soggetto, una sorta di superfetazione concettuale, che allo sguardo analitico non può non apparire priva di senso, e che tuttavia il senso comune conserva, a motivo del suo sorprendente potere esplicativo.

Questo lato ontologico della fortuna è anche il più inquietante. Fortuna e sfortuna vi appaiono come il tempo atmosferico che pende sul capo del soggetto, costituendone una sorta di ambiente, e di cui il barometro astrologico segna la tendenza al brutto o al bello.

 

Enrico Guglielminetti

Luciana Regina

Numero 12 – Fortuna

scarica pdf
 
Commenti disabilitati

Numero 12 LUCK ottobre, 2014 - Autore:,   Condividi

 

Tags: , , ,

 
porno porno izle porno porno film izle