
Parlare di “re-incantamento del mondo” suscita inevitabili perplessità, anche se la questione è sul piatto da tempo, e sembra derivare da un’inevitabile svolta epocale che ci riguarda molto da vicino. L’idea di “re-incantamento del mondo” segnala infatti un cambiamento molto sensibile. Chi parla di re-incantamento sa ovviamente di avere a che fare con una sorta di potentissimo opposto simmetrico, rappresentato dal tema del “disincanto del mondo” al quale ha fatto riferimento una generazione intellettuale che è stata raccolta intorno ad alcuni unici comun denominatori come per esempio quello della “cultura della crisi”. Nell’idea di re-incantamento si congiungono due cespiti di diversa provenienza: nel primo affiora una diversa sensibilità nei confronti del nostro tempo, con il secondo affiora invece una nuova esigenza nei suoi confronti. Per un verso re-incantamento significa infatti che il modello di sviluppo guidato dalla tecno-scienza, che mette capo al disincanto del mondo, ha subito una secca battuta d’arresto, e che si è insinuato un modello di sviluppo diverso e alternativo. E questo carattere diverso non dipende tanto dal fatto che esso non sia tecnologicamente ispirato, quanto dal fatto che è orientato da una tecnologia di tipo diverso. A voler formulare la tesi in tutta la sua portata, senza aver modo di argomentarla in questa sede, si potrebbe dire che alle tecnologie stranianti, che hanno caratterizzato la modernità matura, sembrerebbero venire a sostituirsi delle tecnologie di natura diversa, che potremmo definire come “radicanti”. A questo processo se ne assomma un altro ad esso strettamente congiunto. Si ha da fare qui con una sorta di passaggio dai fatti ai valori che fa sì che quanto sta accadendo si riveli anche – né probabilmente potrebbe esser diverso – come un’esigenza intrinseca, come uno sviluppo avvertito come impellente del/dal tempo presente. Parlare di re-incantamento del mondo significa infatti anche osservare che il mondo ha scelto una rotta insostenibile che va rettificata. Il re-incantamento assume dunque anche una dimensione assiologica, etica e critica, di primo acchito imprevista, quantomeno agli occhi di coloro che guardano con sospetto a questa idea vedendo in essa l’annunziarsi ambiguo delle nebbie di un nuovo politeismo.
Non di questo si tratta. Nell’idea di re-incantamento si prospetta infatti anche una proposta politica di modificazione del presente che non sempre viene avvertita nel suo significato e nella sua portata dai suoi critici, forse o certamente perché la tesi andrebbe formulata in termini più espliciti, più estesi e compiuti. Queste pagine vogliono essere un primo tentativo di andare in questa direzione.
Dal re-incantamento alla festa. Politiche dello spazio pubblico.