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Ermeneutica critica e analitiche (chiesastiche) dell’azione

Num°16 AGENCY
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Se dovessimo stare alla definizione di Descartes (Principia Philosophiae) – ovvero che filosofia significa «lo studio della saggezza e per la saggezza non s’intende soltanto la prudenza negli affari ma una perfetta conoscenza di tutte le cose che l’uomo può conoscere sia per la condotta della sua vita sia per la conservazione della sua salute e l’invenzione di tutte le arti» –, dovremmo dare la filosofia per finita. O, comunque, per divisa, diluita e dispersa tra i mille, diecimila, centomila rivoli di saperi, scientifici e non, che oggi riempiono – certo in modo produttivo, anche se frammentario e sovente contraddittorio (se non pure imponderato) – il campo del conoscere e del saper fare “a vantaggio dell’uomo” (posto che vi sia ancora spazio per una determinazione di “vantaggio” a larga condivisione… se, poi, vi sia stata mai). Per la verità, la stessa definizione di filosofia costituisce, di per sé, dilemma filosofico. Sin da sempre oggetto di differente intendimento e impiego (a seconda dei contesti culturali, delle domande dei tempi, degli influssi, delle vicissitudini, delle scoperte, delle fortune e sfortune), si è evoluta per differenziazione, arricchendosi e dividendosi. La bella statua di Antonio Berti posta all’ingresso del palazzo rettorale dell’Università di Cagliari sembra rappresentare con ironia intelligente questa verità. La filosofia è raffigurata nelle sembianze di una figura nuda che si dimena nel districare i lunghi capelli annodati. È vero: molta filosofia, per lungo tempo, si è nutrita di se stessa, e si è chiusa e persa. Oggi pure, tante scuole filosofiche i cui membri si muovono come entro un gruppo di vita, esprimono l’istanza dell’autosufficienza come valore di conoscenza e scienza.

Ermeneutica critica e analitiche (chiesastiche) dell’azione

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Numero 16 AGENCY febbraio, 2016 - Autore:  Condividi

 

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