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I trascendentali del lavoro

Num°01 WORK

1. Una scelta impossibile: diritti o lavoro. Alcuni economisti hanno affermato recentemente che non si devono mettere «i lavoratori di fronte a una scelta impossibile tra diritti e lavoro». Perché questa scelta è impossibile? La filosofia può dire qualcosa al proposito? esiste una ragione filosofica (oltre che una storica, economica, politica) di questa impossibilità? Intorno a questa questione vertono le riflessioni seguenti, concettualmente anche impervie, eppure – spero ­ – concrete.

Un equivoco va eliminato: che vi sia separabilità tra diritti e lavoro. Il ragionamento, che sta alla base di questo equivoco, suona più o meno così: ancora grazie che ci sia il lavoro, non possiamo pretendere di più, cioè non possiamo pretendere quel di più – quell’aggiunta – che sono i diritti, il welfare, la sicurezza del lavoro e sul lavoro.

Secondo questa teoria, la realtà è fatta di strati indipendenti. Si può sempre rimuovere lo strato superiore (in ipotesi, i diritti), e conservare lo strato inferiore (in ipotesi, il lavoro). I diritti sono un’aggiunta, ma il lavoro può esistere anche da solo: l’aggiunta non è essenziale. La teoria, che intendo sostenere, è invece che l’aggiunta è intrinseca e originaria.

2. Lavoro e aggiunta. Il lavoro è un processo di valorizzazione, che – in quanto tale – produce valore aggiunto. Ma il lavoro, che produce aggiunte, è forse esso stesso un’aggiunta: contiene, in certo modo, più che se stesso, e viene rispettato nella sua dignità nella misura in cui non viene privato della parte eccedente. I diritti del lavoratore, la dignità della persona, sono quel surplus del lavoro, che non può essere sottratto al lavoro.

Dire che il lavoro è un’aggiunta (e non solo che produce aggiunte), significa affermare che quello di lavoro è un concetto ricco. Il fenomeno del lavoro è saturo, contiene in certo modo di più di quanto non riesca a contenere. Questa eccedenza nel lavoro sono le aggiunte, ad esempio la stabilità del lavoro, opposta alla sua precarietà.

Con il concetto di “aggiunta” esprimiamo due cose: la separabilità di fatto e l’inseparabilità di diritto. Se la stabilità del lavoro è un’aggiunta, questa aggiunta può esserci o meno (e infatti molto spesso non c’è); ma se l’aggiunta è intrinseca, se cioè il lavoro è esso stesso un’aggiunta, la privazione dell’aggiunta (la precarietà) non è senza contraccolpi sul portatore di aggiunte, cioè sul lavoro. Denudato di aggiunte, il nudo lavoro è povero: esiste come un’ombra di se medesimo. Lo spettro che si aggira per il mondo rischia allora di essere quello del lavoro, ma lo spettro (il fantasma) non esisterebbe neanche, se non ci fosse la cosa…

Enrico Guglielminetti

I trascendentali del lavoro

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