Nel presente intervento mi propongo di svolgere il tema dell’idea manzoniana di rivoluzione, applicata alla rivoluzione francese e a quella italiana, nei suoi fondamenti filosofici. Che l’autore di un testo come il dialogo Dell’invenzione possa essere considerato anche un filosofo mi pare indubbio. A proposito di un supposto pensiero filosofico di Manzoni si parla spesso di una dipendenza da Rosmini: il problema del rosminianesimo o meno o del semirosminianesimo del Manzoni è problema aperto che non posso qui trattare: basti richiamarsi alla comune reazione alla filosofia del tempo nella difesa della concezione cristiana dell’uomo.
Comincerò a enunciare subito alcuni presupposti di base.
1) Gli svolgimenti più significativi che il pensiero religioso ha avuto nella modernità riguardano il problema antropologico. Per farmi capire su questo punto citerò un grande storico francese della filosofia, Henry Gouhier: «Tutto sembra essere come se il pensiero cristiano avesse costruito la sua teologia prima della sua antropologia: oggi il suo compito è quello di costruire questa antropologia, cosa che evidentemente non può farsi senza reazioni di questa antropologia sulla teologia». La costruzione di questa antropologia si inscrive in quel grande dibattito che può essere preso come chiave di volta per la comprensione della modernità e può essere rappresentato come contrapposizione di due visioni dell’uomo.
Innanzi tutto quella che chiamerei del pensiero tradizionale perché si pone come continuazione e approfondimento dell’antropologia tradizionale, dell’ antropologia cioè elaborata nella patristica, nella scolastica e nell’umanesimo quattrocentesco; per essa l’uomo si definisce per il suo rapporto con l’essere o la verità, rapporto essenziale perché costituivo della sua stessa umanità, in base al quale soltanto si può giudicare il suo rapporto con il mondo e cogli altri, la sua posizione nel cosmo per usare il linguaggio di Scheler. Ad essa si oppone quella che tende invece a risolvere l’uomo nei suoi rapporti con il mondo. Ora questa seconda antropologia ha avuto a sua volta due versioni. La prima concepisce queste relazioni come relazioni di dominio, un dominio che non si estende solo alla natura ma si rivela anche nella costruzione della città ideale, nella rivoluzione: essa è suscettibile di espressioni diverse, idealistiche o materialistiche, prassistiche o scientistiche. La seconda invece tende ad assorbire l’uomo nella natura, a predicarne la animalità, a risolverlo nella sua intrascendibile situazione naturale e storica, di cui il suo pensiero sarebbe il semplice riflesso.
Manzoni: Rivoluzione e Risorgimento