Un pomeriggio di primavera inoltrata, un’abbazia adagiata tra le colline umbre. Un manipolo di storiografi dell’Italia moderna era invitato a celebrare il 150° dell’Unità sfidandosi in un gioco degno del Circolo Pickwick. Seduti su scomode savonarole (forse per scoraggiare ogni rischio di prolissità), i cattedratici avevano posato sulla grande fratina di noce i libri e il loro prezioso iPad di consultazione. A tutti l’anfitrione aveva distribuito due brevi testi da cui far partire la sfida.
Il primo era tratto da una riflessione scritta da Asor Rosa alla vigilia della vittoria elettorale di Berlusconi del 2001: «Berlusconi non si limita a chiederci il voto, ci chiede di essere come lui. Tuttavia il modello non è totalitario, semmai plebiscitario. Berlusconi infatti – a guardarlo attentamente – è di una mediocrità impressionante: un piccolo grande uomo, come capita a molte persone dello spettacolo. Lo ingrandiscono la prepotente ricchezza e la vistosa improntitudine dei modi… Non si parli ad esempio di nuovo fascismo, non si fa che aumentare la confusione. Berlusconi è un uomo politico della fase estrema, degenerativa, del sistema rappresentativo occidentale. Non ha alcuna memoria della storia della democrazia in Italia e in Europa».
Il secondo testo era di Marc Lazar, esperto francese di politica italiana, che nel 2002 spiegava il berlusconismo ai lettori d’Oltralpe allarmati per le possibili derive di un fenomeno inedito in Europa: «Io non credo all’ipotesi fascista. Berlusconi non è una replica di Mussolini, anche se nutre realmente una voglia di concentrare nelle sue mani il massimo di potere. Certo, questo Presidente del Consiglio, che è ormai il proprio Ministro degli Esteri e possiede tutte le televisioni private, vuol controllare ora anche quelle pubbliche e spera di mettere al passo i giudici che lo accusano di eccesso di potere. Ma questo personaggio, che si presenta anzitutto come l’emanazione del popolo e del buon senso popolare contro le élites politiche ed economiche del passato, è una figura originale».
L’anfitrione, eletto anche a presiedere la riunione, apre con un «Chiarissimi colleghi, ho fatto distribuire due brani, scelti solo per incitarvi a reperire rimandi storici e quant’altro contribuisca a mettere in parallelo fascismo e berlusconismo. Un parallelo che politici anche di sinistra – come Piero Fassino al tempo in cui era segretario del PD – definivano “improponibile”. Bene, io lancio la palla e ora – come dicono gli inglesi – the ball is rolling. A voi!»
Berlusconi e Mussolini