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L’eccesso e l’astensione

Num°03 VIOLENCE

Violenza e minori. Ci si aspetterà da noi truci descrizioni di Orchi e “uomini neri” che nel passato avevano buon gioco nello spaventare i bambini perché non erano (e non sono) creature mitologiche o frutto di esasperata fantasia popolare, ma uomini, e numerosi, che hanno approfittato della fragilità dei minori per abusarne e che ancora percorrono le nostre strade e abitano, apparentemente irreprensibili, le nostre case.

Invece, benché tuttora in Pronto Soccorso si presentino bambini con una forchetta conficcata dal padre in una guancia, “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo…”, niente di fisicamente atroce o truculento seguirà. Riteniamo, infatti, non più urgente allertare nei confronti del maltrattamento fisico e sessuale, perché si è abbassata la soglia di tolleranza, non si ritengono più accettabili comportamenti in altri tempi e luoghi considerati normali o addirittura auspi­cabili e, pertanto, già piovono denunce, qualche condanna, qualche errore giudiziario, qualche trasposizione cinematografica di successo, alcune di valore, che svelano e sensibilizzano.

1. Cicatrici invisibili

La consapevolezza e l’attenzione agli eventi che oggi definiamo come violenze sui minori sono, dunque, più avvertite e, se pur non possono essere considerati del tutto scomparsi i maltrattamenti fisici all’infanzia, questi non sono più ritenuti “fenomeno”, magari spiacevole ma ineliminabile e legato a condizioni eccezionali, ma un “problema”, e diffuso, da debellare; non perché si siano modificati intrinsecamente gli atti di abuso (l’uomo, nel male, ha molta poca fantasia); piuttosto, si è trasformata l’interpretazione che gruppi e società forniscono degli episodi stessi. Emblematico è il caso dell’impiego di punizioni fisiche a scopi educa­tivi: dapprima caldeggiato, poi suggerito, poi tollerato ed infine bandito (almeno ufficialmente).

Purtroppo, meno nota è la pericolosità di quella componente del maltrattamento che, nei suoi aspetti più subdoli e meno visibili, è tuttora possibile e frequente nel rapporto adulto/bambino sia perché accompagna come comune denominatore (violenza psicologica indiretta) tutte le altre forme di violenza (fisica, sessuale) moltiplicandone la distruttività a lungo termine; sia perché assume forme pecu­liari proprie (violenza psicologica diretta), attraverso modalità di sopraffazione meno evidenti ma non meno presenti, a volte proprio nelle realtà che più facilmente eludono il controllo sociale.

Ci occuperemo, allora, di maltrattamento psicologico perché, tra i tanti problemi che affliggono le nostre società, l’assalto alle necessarie basi del funzionamento cognitivo, emotivo ed interattivo e allo sviluppo di un individuo, pur se non lascia cicatrici immediatamente visibili, non è categoria “residuale” della violenza, definibile cioè solo in negativo rispetto alle altre forme, ma ha un impatto dannosissimo di per sé. L’abuso non fisico può essere presente, infatti, in tutte le sfere dell’esperienza umana: anche laddove non trovano espressione forme di violenza eclatanti, si registrano, comunque, difficoltà diffuse, peculiari dei giorni nostri, nel gestire la relazione educativa con i minori. Prima di entrare solo in alcuni dettagli della questione, dato lo spazio a disposizione, anticipiamo due specificazioni: l’una terminologica, volta a differenziare tra loro i concetti di violenza e di abuso, e l’altra tesa a stabilirne i criteri di gravità.

L’eccesso e l’astensione

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