Lo stalking viene definito come un insieme di comportamenti aggressivi messi in atto da un soggetto (stalker) che irrompe in modo reiterato, indesiderato e con intento persecutorio nella vita privata di un altro individuo (vittima) che percepisce tali comportamenti fastidiosi, paurosi se non pericolosi per la propria e/o altrui incolumità. È questo l’elemento chiave per definire il fenomeno: la percezione della vittima. Se infatti l’invio di regali, lettere, fiori, incontri più o meno casuali in luoghi frequentati da un soggetto o da entrambi, ecc. possono essere comportamenti auspicati quando vi è una reciprocità di interesse (ad esempio nel rituale del corteggiamento), gli stessi possono essere vissuti come spaventevoli se indesiderati. Un altro elemento che caratterizza il fenomeno e lo rende peculiare rispetto ad altri comportamenti violenti, come ad esempio il mobbing o la molestia sessuale, è la presenza di condotte tese alla persecuzione nella vita privata della vittima. Non a caso il termine deriva dal linguaggio venatorio dove viene utilizzato con il significato di braccare, pedinare, appostarsi in agguato di una preda: è chiara in questa definizione l’inquietudine che qualifica i comportamenti dello stalker e l’ansia che gli stessi incutono alla vittima, determinando la sensazione di non essere mai al sicuro, in nessun luogo. Come si può ben immaginare il fenomeno risulta variegato dal punto di vista della tipologia di comportamenti messi in atto, del legame che sussiste tra vittima e stalker, della motivazione che ha innescato la campagna di comportamenti violenti e assillanti, della sua dinamica, delle conseguenze sulle vittime.
1. Tipologia di comportamenti
Gli studi condotti in diversi Paesi (USA, UK, Germania, Italia, India…) indicano che la principale forma di violenza perpetrata nello stalking è psicologica, perpetuata con minacce più o meno esplicite, comprese minacce di aggressioni a terze persone o di autolesionismo. In alcuni casi, tristemente noti, la campagna di stalking culmina nella messa in atto di comportamenti violenti che determinato lesioni gravi se non la morte della vittima. Proprio l’aver dato risalto da parte dei media ai casi clamorosi ed infausti può far supporre che i comportamenti molesti e reiterati che una vittima dolorosamente esperisce non siano annoverabili come casi di stalking, e quindi passibili di intervento da parte delle forze dell’ordine. Vale la pena ricordare che la legge italiana (art. 612-bis c.p.p.) punisce «[…] chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita…». Dunque qualsiasi comportamento reiterato (per poche settimane come per anni) che determina uno stato di paura, ansia o angoscia, tale da indurre un cambiamento nello stile di vita (ad esempio cambiare numero di telefono, percorso per recarsi al lavoro, amicizie, casa, città, professione…) può essere perseguibile.
Secondo Mullen e collaboratori, i comportamenti di stalking possono essere categorizzati come comunicazioni indesiderate, contatti indesiderati, comportamenti associati.
Le comunicazioni indesiderate (tramite telefonate, lettere, sms, e-mail, bigliettini) in genere sono rivolte direttamente alla vittima, ma possono coinvolgere anche la famiglia, amici o colleghi. Il telefono è tra gli strumenti più utilizzati in quanto consente un contatto senza un confronto diretto. Il contenuto può essere una minaccia di violenza fisica nei confronti della vittima o del partner, dei figli, dei famigliari, oppure una dichiarazione d’amore, una richiesta di appuntamento, un tema sessuale osceno. Spesso per indurre un sentimento di paura lo stalker rivela alla vittima un particolare (un capo d’abbigliamento, un evento, un incontro, un luogo…) della sua giornata, instillando così la sensazione di essere costantemente oggetto di attenzioni. La frequenza delle telefonate può variare, ci sono vittime che hanno denunciato persecuzioni via telefono che avvenivano più volte al giorno, e altre che descrivono tale comportamento ricorrente in occasioni particolari (compleanni, ad esempio). Grazie allo sviluppo dei social network si sono sviluppati comportamenti molesti assillanti via telematica: da una parte la presenza di dati privati lasciati spontaneamente permette agli stalker di ottenere informazioni sugli spostamenti della vittima, sui suoi contatti, amicizie, interessi, ecc.; dall’altra, la possibilità di mantenere l’anonimato permette agli stalker di cambiare identità e contattare nuovamente la vittima anche se la relazione (virtuale o reale che sia) è stata interrotta. Questa tipologia di comportamenti (denominati cyber stalking) sono messi in atto da persone con una grande abilità informatica, a cui si associa spesso una personalità immatura.
Stalking: analisi del fenomeno