«How to do things with words?» – Come fare, come si fanno cose con null’altro che con parole?
Mi sembra che, in un modo che rimane da problematizzare, il discorso sofistico sia il paradigma di un discorso che fa cose con parole. Senza dubbio esso non è un “performativo” nel senso austiniano del termine, benché il senso austiniano vari considerevolmente in estensione e in intensione (vi ritornerò), ma è proprio un discorso che opera, che trasforma o crea il mondo, un discorso che ha ciò che io indico come un “effetto-mondo”.
Il rapporto con la performatività è ancor più tentante dal momento che “epideixis”, la parola che in Platone serve terminologicamente a designare il discorso sofistico, non può essere resa meglio che con “performance”, a condizione di intendere “performance” nel senso dell’estetica contemporanea (o, per lo meno, anche nel senso dell’estetica contemporanea), come un happening, un evento, un’improvvisazione (Gorgia è l’inventore del discorso ex tempore, dice Filostrato) che richiede coinvolgimento: è ogni volta qualcosa come un “exploit”.
Proprio il rapporto tra performance e performativo è ciò che intendo cominciare a esaminare, riflettendo su ciò che vorrei indicare come “la performance prima del performativo”. Interrogherò lo statuto del retorico (o della retorica), cui Austin riserva, senza tuttavia nominarlo, un posto un po’ instabile tra “locutorio” da una parte e “illocutorio” o performativo dall’altra: il posto del “perlocutorio”, per, proprio come “performativo”.
Non è tuttavia di Austin che parlerò. Austin è semplicemente il quadro di riferimento contemporaneo che oggi ci orienta: egli ha “inventato” per noi il performativo come tale, cercando di isolarlo, e non nasconde mai la difficoltà o la permeabilità della sua tassonomia. Giusto una citazione per far comprendere questa difficoltà: nella settima lezione (sulle dodici comprese in How to Do Things with Words, dunque tardi nella sua riflessione), egli scrive:
«è quindi tempo di reimpostare il problema in modo nuovo. Vogliamo riconsiderare in modo più generale i sensi in cui dire una cosa (to say something) può essere fare qualcosa, o in cui nel dire qualcosa (in saying) facciamo qualcosa (e forse anche considerare il caso differente in cui per mezzo del dire qualcosa [by saying] facciamo qualcosa). Forse qui una certa chiarificazione e definizione possono aiutarci ad uscire da questo intrico. Infatti, dopo tutto, “fare qualcosa” è un’espressione molto vaga. Quando proferiamo un qualunque enunciato, non stiamo forse “facendo qualcosa”?»
(Traduzione dal francese di Ezio Gamba)
Come la sofistica fa veramente cose con le parole