La ringraziamo per avere accettato di rispondere ad alcune domande, che nella nostra intenzione non riguardano solo la filosofia, ma le condizioni stesse di pensabilità e di vivibilità di uno spazio pubblico.
In questo numero di “SpazioFilosofico” ci interessa lavorare sul concetto di sofista per aggiornarlo a un tempo, quello attuale, in cui è diventato molto difficile riassumere il rapporto che vige fra verità e opinione, verità e menzogna, verità e bene… Sono i nessi sui quali si è consumato e si consuma il tiro alla fune fra i sofisti (arte e cura della parola, ricerca della confortevolezza dei pensieri che funzionano, pragmatismo, relativismo, utilizzo di indicatori di benessere), e i filosofi, per lo meno in senso classico (aspirazione a verità indipendenti dall’interesse soggettivo, abbandono e obbedienza al logos, disprezzo della retorica, ricerca di unità, tensione al bene).
Dove collocherebbe i confini fra queste figure idealtipiche nel nostro momento storico? Chi sono i sofisti e chi sono i filosofi oggi?
Nelle settimane passate si è parlato di una telefonata che la cancelliera Merkel avrebbe fatto al presidente Napolitano chiedendogli di porre fine al governo Berlusconi. Per chiunque conosca le nostre regole costituzionali o il tenore delle conversazioni tra leaders, la notizia non poteva che essere un falso. E comunque il governo Berlusconi è caduto perché il presidente del consiglio non avendo più maggioranza, ha presentato formalmente le dimissioni. Hanno smentito subito e nettamente tanto il Quirinale quanto la Cancelleria di Berlino. Ma in un telegiornale Sky, il giornalista ha chiesto a un ospite: “la telefonata è stata smentita; ma, se non è vera, è verosimile; lei cosa pensa di questa telefonata?”. E l’altro ha detto che cosa pensava di quella telefonata “verosimile”. Si è commentato non il vero, ma il verosimile. Siamo immersi nel falso verosimile. Il Grande Fratello e L’isola dei Famosi sono l’emblema dell’età del falso verosimile, della non realtà che scorre parallela alla realtà, senza mai incontrarla. Se siamo tutti immersi nel verosimile è evidente che è difficile tracciare una linea netta tra sofisti e filosofi. Nelle stesse categorie professionali ci sono i sofisti, quelli delle interpretazioni indipendenti dai fatti, e i filosofi, quelli dei fatti indipendenti dalle interpretazioni. Alcune categorie sono più esposte allo slittamento verso l’idealtipo sofista: giornalisti, presentatori-agitatori di dibattiti politici in tv, i politici dell’apparenza. Ma nelle stesse categorie possiamo incontrare l’idealtipo filosofo.
E i politici? dove si situano rispetto ai sofisti e ai filosofi? Nel Prologo del Sofista Platone comprende in un unico giro di ragionamento queste tre figure, affermando che bisogna distinguere il sofista, il politico, il filosofo, e che bisogna indagare se si tratti di una cosa sola, o di due o di tre. Di quante cose si tratta, secondo Lei?
Si tratta di tre “cose” diverse che usano però lo stesso strumento. Il sofista, il politico e il filosofo si occupano della realtà attraverso la lingua. Ma per il politico più che per le altre categorie, la lingua non è solo lo strumento rappresentativo di una realtà; è anche lo strumento costitutivo della realtà di cui deve occuparsi. Il linguaggio politico costituisce la realtà politica; è una forma di azione politica che implica una relazione di potere e una permanente negoziazione di significati. Il politico vive, a volte inconsapevolmente, un continuo pendolarismo tra la fascinazione del sofista e il rigore del filosofo. Il politico, inoltre, avendo bisogno del consenso, non può prescindere dai cittadini. Il sofista e il filosofo possono prescinderne. Il politico, a volte, deve ricorrere alla dissimulazione. Il sofista e il filosofo non ne hanno bisogno.
«La verità non viene servita su piatti d’argento»